pubblichiamo questa interessantissima intervista a Jeremy Rifkin, guru mondiale relativamente alle questioni energetiche, per gentile concessione del quotidiano La Repubblica, che ringraziamo
di ANTONIO CIANCIULLO
ROMA - «E' uno tsunami energetico. L'onda d'urto prodotta dal disastro giapponese ha reso evidente a tutti la follia della scelta nucleare. Come si potrà proporre una nuova centrale atomica quando il paese che dispone di una delle tecnologie più avanzate del mondo si trova con tre impianti in crisi, reattori con una fusione del nocciolo in corsoe un potenziale scenario catastrofico davanti? Il nucleare ha chiuso».
Jeremy Rifkin, il presidente della F o u n d a t i o n o n E c o n o m i c Trends, misura le prime reazioni allo shock di Fukushima.
Eppure anche in passato ci sono stati incidenti gravi.
«Lo so bene: negli Stati Uniti siamo stati a un passo dal disastro nucleare. Era il 1979 e l'incidente di Three Mile Island ha lasciato un segno che non si è più cancellato. Da allora gli ordinativi degli impianti nucleari sono stati sospesi e nemmeno gli incentivi pubblici decisi da Bush sono riusciti a rianimare l'industria nucleare. A Cernobyl andò peggio, ma molti sottovalutarono quell'incidente imputandolo ai difetti del regime sovietico».
E adesso? «Adesso è diverso perché è entrato in crisi uno dei paesi leader del nucleare avanzato. Ed è successo perché, invece di scegliere la strada dell'energia pulita, si è scelta una via pericolosa pensando di cavarsela con soluzioni ingegneristiche: moltiplicare i controlli, aumentare le difese, raddoppiare le misure di sicurezza. Non è bastato perché ci può sempre essere un evento imprevisto: un terremoto di potenza inusuale, un attacco terroristico in forma inaspettata, un incidente che nessuno aveva ipotizzato. E le conseguenze di un solo errore sono ora sotto gli occhi di tutti. Con il nucleare si rischia un disastro che non ha confini nel tempo e nello spazio».
C'è chi ritiene l'uso dell'atomo indispensabile per difendere il clima.
«Il parco nucleare mondiale è vecchio e in declino e dà solo il 5 per cento dell'energia. Se volessimo togliere un po' di combustibili fossili dovremmo arrivare almeno al 20 per cento. Significa costruire una centrale atomica ogni 10 giorni per 60 anni. Le sembra credibile? L'industria nucleare era già in crisi, adesso è definitivamente fuori gioco».
Il reattore di Fukushima è vecchio. Il governo italiano assicura che i nuovi Epr, le centrali francesi che ha scelto, sono sicuri. «Ma se sono stati criticati perfino da Roussely, l'ex presidente dell'Edf che nel suo rapporto al presidente Sarkozy ha denunciato il danno d'immagine per il sistema nucleare francese prodotto proprio da questi impianti. E poi non risolvono il problema delle scorie. Gli Stati Uniti hanno speso 16 anni e 8 miliardi di dollari per costruire un cimitero radioattivo nelle Yucca Mountains. E hanno fallito».
Smantellare il nucleare mentre la domanda di energia cresce? «Proprio perché c'è sempre più bisogno di energia non possiamo permetterci il rischio di un blackout legato a un sistema basato su poche centrali vulnerabili. Il futuro sta nella rete diffusa dei piccoli impianti basati sulle rinnovabili. Un sistema completamente decentrato, di democrazia energetica che trasformerà le case in fonti di energia. E' una prospettiva più sicura e affidabile. E ha anche un altro vantaggio: costa meno del nucleare». |